In questa galleria sono riprodotte le immagini contenute nel libro “Marilen, semplicemente vivere”. Sono qui inserite per quanti non possiedono il libro cartaceo e vogliano comunque un contatto visivo con Marilen Holzhauser.
La vita di paese a noi ragazze appariva addirittura più bella della vita in città.
“Va’ in Africa, ascolta tutti, non parlare per sei mesi”.
C’era una grande armonia fra le due, eppure si notavano benissimo le differenze.
Si considerava una parrocchiana.
“La nonna materna scovava per me nelle vecchie scatole ritagli di stoffa, avanzi del suo corredo di sposa, pezzi di merletti e trine, e il suo amore mi dava sicurezza”.
La famiglia, nel suo caso, è un’atmosfera che le imprime una particolare sensibilità al calore, alla gioia e all’armonia (Marilen tiene in mano una rosa).
“In focolare ero felice” (alla sua destra Lia Brunet, alla sinistra Bruna Tomasi).
In città gli Holzhauser difficilmente passavano inosservati.
Il saluto di Marilen era motivo di gioia. Guardandola sentivi di dover amare come lei.
“Facevamo lunghe gite in montagna” (Marilen con la mamma Elena).
“Ah! E’ questa la vita dei responsabili del Movimento dei focolari in Africa!”
Mi sorprese constatare che tutto si faceva in armonia, nasceva dall’amore scambievole. (Piero Pasolini, Lucio dal Soglio e Marilen)
Si potrebbe dire che, visto con gli occhi dei Bangwa, si realizzava l’incontro di due tribù. (Al centro il Fon Fontem Defang)
“Marilen, Gesù ti chiede molte cose; dagliele tutte generosamente”.
“Non siamo qui per curare e nemmeno per predicare, siamo qui per amare”.